Mio padre se ne è andato nel sonno nelle prime ore della mattina di domenica 22 maggio 2016 a casa, il primo maggio aveva compiuto 94 anni. Fino alla fine è stato lucido e quindi consapevole. E’ stata dura per lui e per noi.

Siamo riusciti a farlo restare a casa, come era suo desiderio, ma non siamo riusciti a risparmiargli il dolore. Per gli ultimi due mesi di vita non c’è stato giorno in cui non abbia invocato misericordia e carità, in cui non ci abbia detto che voleva morire. Solo tre giorni prima di morire, rendendosi conto che era arrivato alla fine, mi ha detto che non era pronto, che voleva restare con noi.  

Con rabbia devo dire che siamo stati lasciati soli, che le strutture sanitarie di base, il medico curante in prima linea, non ci hanno fornito l’informazione adeguata relativamente al diritto che una legge dello stato (Legge 15 marzo 2010, n. 38 –  “ Disposizioni per garantire l’accesso  alle cure palliative e alla terapia del dolore”) conferisce ai malati terminali e cronici di ricevere giuste cure per trascorrere gli ultimi giorni di vita in modo dignitoso e sereno.

Ho deciso pertanto di condividere tutto questo perché penso che della morte è giusto parlare perché è parte integrante della vita, basti pensare che alla nascita, tra vivere e morire, è solo questione di una frazione di secondi.

Non è un caso che le cure palliative siano state pensate da una donna, Cicely Saunders, infermiera qualificata, medico e assistente sociale. Con un autentico humour inglese, si definiva un one-women multiprofessional team. Riuniva infatti in una sola persona le tre più importanti professionalità dell’accompagnamento alla morte. ( “SAPER MORIRE – Cosa possiamo fare, come possiamo prepararci – Gian Domenico Borasio ).

Le donne hanno familiarità da sempre con il dolore, la sofferenze e la morte perché danno la vita. La forza interiore delle donne è immensa ed è per questo che riescono da sempre a gestire meglio il dolore. Le donne non si tirano indietro quasi mai.

In questa nostra società in cui tutti ci crediamo immortali, tutti dobbiamo essere giovani il più a lungo possibile, tutti dobbiamo essere belli, non c’è posto per la sofferenza, per il dolore, per la morte. Ma sofferenza, dolore e morte fanno parte della vita, come la gioia, la serenità, e tutti quei piccoli momenti di felicità che ognuno di noi ha la fortuna di assaporare.

Penso che sia arrivato però il momento di fermarsi a riflettere, di riconoscere che non si può correre all’infinito, che questo nostro modello di sviluppo che ci ha portato, tra le tante altre cose, ad ammalarci di una serie di malattie, dovute proprio al troppo benessere, che ci fanno poi morire, non è più sostenibile.

Occorrerebbe che ognuno di noi imparasse ad abbracciare anche la parte più buia della vita, per poterla illuminare. Basta una piccola fessura per far entrare la luce: per dare spazio alla luce serve la conoscenza e la conoscenza la possiamo fare nostra solo abbracciando tutte le situazioni che la vita di volta in volta ci pone davanti.

La morte ci coglierà sempre all’ improvviso ma cerchiamo di esserne consapevoli per poter concludere i nostri giorni con dignità e serenità.

Ps. I recapiti delle unità di cure palliative e degli hospice italiani sono reperibili presso gli indirizzi pubblicati sul sito web della                                                                                           Società Italiana di Cure Palliative (www.sicp.it /web/eventi/SICP/reticp.cfm)   e della               Federazione Cure Palliative ( www.fedcp.org/cure-palliative/hospice.in-italia.html )