HO un PROGETTO Ho un progetto per un video/ documentario su un soggetto urgente quanto lo fu Il Corpo delle Donne. Abbiamo scritto il soggetto, così bello che mentre scrivo, fremo dall’emozione. Come è mio costume, il tema è utile, offre spunti di riflessione che servono a vivere meglio, ad uscire dalle gabbie, a fare un salto di qualità nelle nostre vite. E’ un soggetto che interessa le donne, ma anche gli uomini.
Ed è un tema universale: interesserebbe l’ Italia ma anche il mondo.
Offre una riflessione “alta” ma accessibile a tutte e tutti, come fu con Il Corpo delle Donne.
Ci serve un finanziamento. Tra voi che leggete ci sono donne e uomini che lavorano nelle Fondazioni, Banche, Aziende, Enti. Cosa offriamo? Il Corpo delle Donne è arrivato a più di 12 milioni di persone, di cui circa 5 milioni all’estero.Normalmente un documentario arriva a qualche centinaio di migliaia di persone. Ha provocato coscienze, riflessioni, convegni, eventi, premi, migliaia di interventi nelle scuole, nelle università del mondo, a festival. Sono state scritte tesi, libri, documentari che ne hanno parlato. Chi ci sostiene, avrà il proprio marchio che si diffonderà insieme al nostro lavoro comunicando che sostenete un’opera che non è solo arte ma un’azione concreta di cittadinanza attiva. Pubblicità buona e pulita per voi. Che è molto di questi tempi. Noi chiediamo autonomia di azione, libertà di espressione.
Con il costo di 5 o 6 passaggi di spot pubblcitari in televisione, potete sostenere un’opera che potrebbe fare molto bene. E diffondersi parecchio. E provocare cambiamenti grandiosi.
Pensateci. Se siete interessate/i a parlarne scrivetemi qui: lorellaz@ilcorpodelledonne.net grazie
Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe, i capelli diventano bianchi, i giorni si trasformano in anni… Però ciò che è importante non cambia; la tua forza e la tua convinzione non hanno età. Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno. Dietro ogni linea di arrivo c’è una linea di partenza. Dietro ogni successo c’è un’altra delusione. Fino a quando sei viva, sentiti viva. Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite… Insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni. Non lasciare che si arruginisca il ferro che c’è in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto. Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce. Quando non potrai camminare veloce, cammina. Quando non potrai camminare, usa il bastone. Però non trattenerti mai.
dal diario di Madre Teresa di Calcutta
Oggi è il mio compleanno e stamattina camminando per le strade del mio quartiere, alla vetrina della cartoleria, dove ci fermavamo sempre a curiosare quando mia figlia era piccola, questa poesia è stata attaccata in posizione centrale per essere letta, inequivocabilmente! E’ stato un bellissimo regalo da condividere …E non perché io mi senta una donna fenomenale, ma perché mi ha ricordato che posso farcela, senza guardare indietro, con il sole negli occhi, anche distraendomi talvolta, e ridendo, andando avanti con leggerezza e consapevolezza, come dice una canzone di Malika Ayane …
Brianna WiestWriter, editor, professional human being. Founder of Soul Anatomy.
10 cose che le persone dotate d’intelligenza emotiva NON fanno
Pubblicato: 12/09/2015 11:59 CEST Aggiornato: 12/09/2015 12:01 CEST
L’intelligenza emotiva è forse la caratteristica più importante, ma sottovalutata, della nostra società.
Ci affidiamo alla logica e alla ragione per affrontare la vita di ogni giorno, eppure dopo lunghe pause di riflessione, arriviamo alle stesse conclusioni a cui potremmo giungere in un batter d’occhio senza pensarci troppo. I nostri leader trascurano l’elemento umano di molte questioni socio-poliche e non c’è neanche bisogno che vi indichi la percentuale di divorzi per convincervi che molti di noi non scelgono il partner giusto (e non sono capaci di tenere in piedi le loro relazioni a lungo).
Sembra che la gente sia convinta che la cosa più intelligente da fare sia non provare alcuna emozione. Per essere efficienti bisogna essere come macchine, un prodotto dei nostri tempi. Una specie di robot ben oliato, consumista, programmato digitalmente, “non-cosciente” ma totalmente funzionante. E per questo… soffriamo.
Ecco quali abitudini adottano le persone capaci di essere consapevoli dei loro sentimenti. Che sanno come esprimere, gestire, scandagliare e modificare le proprie esperienze, perché sono loro il “centro di controllo”della propria esistenza. Sono i veri leader, conducono una vita completa e autentica . Dovremmo prendere spunto dal loro esempio. Ecco le cose che le persone dotate di intelligenza emotiva NON fanno.
1. Non credono che il loro modo di percepire una situazione rispecchi la realtà.
Vedono le loro emozioni come delle “risposte” ad una data situazione, non come parametri esatti per valutare quello che sta accadendo loro. Accettanno il fatto che la loro reazione potrebbe avere a che fare più con i loro problemi personali, che con la situazione oggettiva in corso.
2. I loro punti di riferimento emotivi sono dentro di loro.
Non vivono le emozioni come se fosse un altro a provarle, come se il problema da risolvere fosse di qualcun altro. Capire che l’origine delle cose che sentono è in loro stessi, li tiene alla larga dal pericolo della passività. Non cadono nell’errore di pensare che “dove l’universo ha sbagliato, l’universo rimedierà”.
3. Non presumono di sapere cosa li renderà davvero felici.
Dal momento che collochiamo tutti i nostri punti di riferimento nel passato, non abbiamo alcun mezzo per stabilire, adesso, cosa potrebbe renderci davvero felici invece di sentirci solo dei “sopravvisuti” alle esperienze più dolorose. Le persone dotate di intelligenza emotiva lo capiscono e si aprono ad ogni esperienza verso cui la vita le conduce, sapendo che ogni cosa cela un lato positivo ed uno negativo.
4. Non pensano che avere paura sia un errore.
Piuttosto, essere indifferenti significa avere intrapreso la strada sbagliata. La paura indica che stiamo cercando di raggiungere qualcosa che amiamo, ma che le nostre convinzioni e le ferite del passato ce lo impediscono (o forse sono lì proprio per essere curate, una volta per tutte).
5. Sanno che la felicità è una decisione, ma non sentono il bisogno di prenderla ogni volta.
Non si illudono che la “felicità” sia uno stato di grazia perenne. Si concendono il tempo per esaminare tutto quello che succede loro. Si concedono il lusso di vivere in una condizione di “normalità”. In questo stato di “non resistenza”, riescono a trovare appagamento.
6. Non lasciano che qualcun altro decida delle loro idee.
Capiscono che, subendo il condizionamento sociale, possono essere influenzate da mentalità, pensieri e idee che non appartengono a loro. Per opporsi a questo, scandagliano le loro convinzioni, riflettono sulla loro origine e stabiliscono se quel quadro di riferimento può fare al caso loro o meno.
7. Riconoscono che un autocontrollo infallibile non è un segnale d’intelligenza emotiva.
Non trattengono i sentimenti, non cercano di mitigarli al punto di farli sparire. Tuttavia, hanno la capacità di trattenere la loro risposta emotiva finché non si trovano in un ambiente più “appropriato”, dove poter esprimere ciò che sentono. Non sopprimono l’emotività, la gestiscono.
8. Sanno che un sentimento non li ucciderà.
Hanno raggiunto la forza e la consapevolezza necessarie per sapere che tutte le cose, anche le peggiori, sono passeggere.
9. Non regalano la loro amicizia a chiunque.
Vedono la fiducia e l’intimità come qualcosa da costruire, qualcosa da non condividere con tutti. Non sono circospette o chiuse, ma preferiscono agire con consapevolezza e attenzione quando si tratta di fare entrare qualcuno nella loro vita e nel loro cuore. Sono gentili con tutti, ma si concendono a pochi.
10. Non credono che un singolo sentimento negativo possa dominare il resto della loro vita.
Evitano di arrivare a facili conclusioni, di proiettare un momento presente nel prossimo futuro, credendo che un periodo di negatività possa caratterizzare il resto della loro vita, invece di essere un’esperienza transitoria e isolata. Le persone emotivamente intelligenti accettano i “giorni no”. Si permettono di essere umani. In questo modo, trovano la pace.
Nei giorni scorsi, quando abbiamo scelto di pubblicare in prima pagina la foto del bambino annegato sulla spiaggia di Bodrum, con il titolo «Niente asilo», eravamo consapevoli del significato storico di quell’immagine, anche perché il bimbo era solo, senza neppure l’umana e addolorata pietà del poliziotto che lo aveva preso in braccio. Nonostante i dubbi sull’uso mediatico di alcune foto, avevamo la precisa intenzione di scuotere un’opinione pubblica ridotta a audience passiva del flusso televisivo che quotidianamente «normalizzava» la tragedia delle migliaia di vittime ingoiate dal nostro Mediterraneo, sempre di più mare morto.
Ma uno scatto fotografico può avere una potenza enorme. Perché da quel momento qualcosa si è rotto, perché la coscienza di milioni di persone ne è rimasta scossa, perché anche le indifferenze politiche e dei governi hanno lasciato il passo a un’attenzione diversa.
Questo cambiamento vede protagonisti soprattutto le donne e gli uomini che hanno manifestato in tanti modi solidarietà verso i rifugiati e i migranti. Uno di questi è la marcia dei piedi scalzi, un appuntamento organizzato in 71 città. Con protagonisti, in primo luogo, tutte le persone che scappano dalle guerre, dalla miseria, dalla fame, dalla mancanza di futuro.
È un’iniziativa di cui siamo parte in causa per averla lanciata sulle nostre pagine, per averne seguito il felice sviluppo che ha portato all’appuntamento di Venezia, ora vetrina internazionale per la Mostra del cinema.
Forse non poteva esserci contrappunto migliore a questa edizione del Festival, perché la Mostra ha aperto molte finestre sulla cronaca, passata e presente, con un vasto carnet di film basati su fatti veri — dallo scandalo dei pedofili, ai rapimenti in Argentina, all’assassinio di Rabin, ai bambini soldato delle guerre africane, ai diffusi accenni all’immigrazione (della quale aveva parlato anche il presidente della giuria, Cuarìn, augurando una buona accoglienza a tutti gli immigrati) -, come a voler portare anche nel regno della fiction tutto il peso della realtà.
E adesso non c’è una realtà più forte e dirompente di quella rappresentata dai «viaggi» imponenti e spesso tragici di intere popolazioni che sperano di trovare un altro mondo in Europa.
Così la manifestazione «delle donne e degli uomini scalzi» è per l’Italia, e per la stessa Mostra del cinema, un evento che finalmente va oltre le belle parole sulla solidarietà ai migranti. Finalmente, perché fino ad oggi la sinistra, sia politica che sociale — a parte alcune organizzazioni impegnate da anni — ha stentato a trovare l’occasione di una mobilitazione nazionale tanto ricca di adesioni, così articolata dal nord al sud, con la presenza di associazioni, forze sindacali, gruppi politici, personalità della cultura, cinema compreso.
L’obiettivo è chiedere al nostro governo di prendere misure concrete per arrivare, nei fatti, a una strutturale strategia dell’accoglienza.
Per una volta siamo d’accordo con Renzi (l’alternativa è tra gli uomini e le bestie), tuttavia le parole non bastano. Servono atti concreti, come sta mettendo in pratica l’Europa, con la cancelliera Merkel, alla sua svolta sull’accoglienza, che metterà alle strette i paesi più riottosi, più reazionari e conservatori, dove l’odio verso gli immigrati sta crescendo in modo preoccupante (alimentato in Italia da un guappo leghista).
Qui da noi si deve procedere al più presto con la chiusura dei centri di detenzione, con il ripristino delle modalità di soccorso e di finanziamento di Mare Nostrum, con l’allargamento dei diritti dei migranti (compreso quello di voto alle amministrative per i residenti). Servono politiche inclusive che riescano a inserire migliaia di persone. La Germania apre le maglie dell’inserimento progressivo puntando proprio sul lavoro, in primo luogo qualificato. Una scelta che farà diventare sempre più forte quell’economia. Noi invece siamo impantanati in un’avvilente riforma del Senato, dove regna l’eterno trasformismo nazionale.
Colpisce in particolare l’insipienza del Pd in tutte le sue componenti, renziana e di opposizione, di fronte a un’ emergenza che tale non è, perché riguarda la costruzione, il modello della società di domani.
Una foto è pur sempre una foto. Eppure spesso porta con sé un racconto, una storia, con un passato, un presente, apre una porta sul futuro. Quel bambino morto sulla spiaggia turca, forse, diventerà il simbolo di una storia nuova per l’immigrazione. Almeno questa è la speranza, la volontà che porteremo con noi marciando a piedi scalzi.
Uomini ambivalenti, incoerenti, difficili o che non sanno essere intimi. Diverse facce di una stessa medaglia: uomini che non sono disponibili emotivamente, ma capaci di esercitare un certo fascino. Ecco così che spesso ci ritroviamo a sceglierli come partner, delegando loro il potere e il controllo all’interno della relazione. Un modello comune di coppia che però porta solo inadeguatezze, insoddisfazioni e smarrimento
di Brunella Gasperini
Lui poco impegnato, emotivamente non disponibile, abbinato a una lei particolarmente sensibile e comprensiva, disposta a tenere duro. È un modello piuttosto comune di coppia. Sembra che gli uomini inaccessibili e ambivalenti esercitino un certo fascino. Non è difficile, come donne, essere pronte a inseguimenti emozionali verso qualcuno che in realtà, a livello profondo, non è capace di capire le nostre esigenze, non desidera quello che vogliamo noi. Uomini che non rimangono, non si stabiliscono, non vivono la nostra stessa relazione. Non si impegnano, ma ai quali deleghiamo il potere e il controllo, nel frattempo noi siamo prese a diventare come l’altro ci vuole, a lavorare duro per tenerlo vicino, a risultare interessanti.
Relazioni che alle volte diventano tossiche, abusanti o comunque non reciproche. Dove dovremmo non restare. Perché raramente conducono a un finale felice. E nemmeno a un “durante” soddisfacente. Portano invece inadeguatezze, insoddisfazioni, smarrimento. Ci inducono spesso ad attaccarci all’altro in modo morboso, insicure e bisognose di conferme, regalando a lui così tanta importanza. Un incastro perfetto.
Una relazione con un uomo indisponibile vuol dire rimanere sole. Lui non ci sarà mai in modo affidabile. Appendere su un uomo il nostro futuro, la nostra sicurezza, dipenderne, darci un senso solo se lui ci vuole, ci ama, ci sposa, è sempre un disastro per noi stesse.
Questo meccanismo per “funzionare” ha bisogno di due protagonisti, co-responsabili di ciò che succede. Lui e lei ne sono coinvolti allo stesso modo. Ma volendo schematizzare e inquadrare alcuni tratti caratteristici dell’uomo indisponibile, possiamo ricavare alcuni profili, distinti da tratti che in alcuni casi possono combinarsi e coesistere.
Uomini ambivalenti
Diversi anni fa lo psicologo comportamentista Burrhus Skinner individuò alcune leggi dell’apprendimento: un rinforzo, soprattutto se non è continuo ma intermittente, aumenta la probabilità che un dato comportamento casuale possa ripresentarsi. Sembra che talvolta questo modello funzioni anche nelle dinamiche relazionali. Uomini ambivalenti che alternano disponibilità e lontananza, che tirano in direzioni opposte tra vicinanza e indipendenza, che hanno idee distorte su cosa significhi stare in una relazione, attecchiscono sull’animo femminile. Persone che conoscono solo un modo per “attaccarsi” all’altro, vacillando, non riescono ad assestarsi. Quando non ci sono vanno capiti, interpretati, poveri uomini dai mille problemi. Poi tornano e risorgono emotivamente e allora questo ripaga dell’attesa. Poi di nuovo la loro indisponibilità e ancora lavoro da parte delle partner per ottenere la loro attenzione.
Partner schermo
Uomini sui quali è facile proiettare le proprie fantasie. Uno schermo vuoto, una tela sulla quale tracciare profili di una vita desiderabile, piena. Uomini indifferenti dal punto di vista psicologico, portatori di un vuoto che le donne sanno riempire di significati, contenuti, spessore. Il loro distacco paradossalmente funziona da collante, infonde nella partner la sensazione di aver scoperto una persona rara, misteriosa, con tante cose da dire e da scoprire. In realtà partner assenti emotivamente, incapaci di coinvolgersi, esserci anche per se stessi. Ma che stimolano prontamente quella parte di crocerossina, badante, assistente, coach life latente dell’animo femminile.
Uomini alfa
Uomini cosiddetti “alfa”. Membri che nel gruppo si distinguono. Hanno posizione sociale, risorse finanziarie. Oppure sono semplicemente brillanti, hanno influenza e potere in qualche modo. Anche se incoerenti e difficili, sembrano meglio attrezzati rispetto al resto della popolazione maschile. Spesso tendono a preoccuparsi solo di quella parte della partner che può essere al loro servizio, pronta a soddisfare i loro bisogni e desideri. Si mettono al centro della relazione, occupando comodamente quel posto che le compagne lasciano loro, attrezzandolo con un tappeto rosso. In genere attecchiscono sulle insicurezze, su donne che forse non si sentono realizzate e hanno dubbi sulla loro capacità di ottenere ciò che vogliono dalla vita. Una condizione comune. Il maschio alfa ai loro occhi è forte e virile. Se si dedica a loro allora valgono qualcosa. E se le tratta male viene giustificato dall’immagine negativa che hanno di se stesse.
Uomini che non sanno essere intimi
Uomini che non cercano autenticità e profondità, piuttosto le evitano. Che di fronte a tentativi di aprirsi a livelli più profondi, eludono e schivano, si allontanano per paura di perdere il controllo. Amano giocare in acque poco profonde. Non sanno fare spazio, accogliere e contenere, tengono a distanza, spesso impenetrabili e superficiali, stanno dietro muri emotivi, non vogliono rischiare niente. Desiderio e paura addormentano i loro sentimenti. Non riescono ad impegnarsi o hanno temuto impegno in relazioni passate. Sono sfuggenti e subdoli, ci sono e non ci sono, sono seduttivi ma non reali. C’è sempre bisogno di decodificare cosa dicono, non si riescono a capire. Con loro non si può condividere il mondo interiore.
Firenze, la manifestazione «La libertà è la nostra fortezza»
Contro le motivazioni della sentenza che ha assolto sei persone di uno stupro di gruppo nel 2008, la manifestazione promossa da centinaia di associazioni
«La libertà è la nostra fortezza» è il titolo della manifestazione promossa da centinaia di associazioni, sindacati e politici che si è svolta ieri sera all’ingresso della Fortezza da Basso a Firenze per protestare contro le motivazioni della sentenza che ha assolto sei ragazzi accusati di uno stupro di gruppo nel 2008. «questa sentenza ha leso l’autodeterminazione di tutte le donne — sostengono i promotori — il processo è stato fatto alla ragazza e alla sua vita. Vogliamo sapere perché la procura generale non ha fatto ricorso facendo scadere i termini». Da giorni la rete è invasa da autoritratti di donne che espongono un cartello: «Il mio stile di vita non è una scusa/La violenza non fa di te un uomo/ #Nessunascusa». Alla protesta sui social si sono uniti numerosi uomini che mostrano il cartello: «La tua scollatura non è una scusa/ La violenza non fa di me un uomo/ #Nessunascusa». La donna vittima dello strupro ha pubblicato una lettera «#Firenze: Fortezza significa forza. Adesso non più!» sul blog «Al di là del buco». Sullo stesso blog si può leggere anche la lettera di una delle persone assolte.
È stato amore a prima vista…o quasi. La prima volta che ho visto mia moglie, ho sentito qualcosa di indescrivibile. Avevo 17 anni e lavoravo da Burger King. Lei ne aveva 19 ed era la manager del ristorante.
Voleva mostrare ai dipendenti che il capo era lei, molti impiegati non la sopportavano neanche. All’inizio eravamo solo colleghi, poi siamo diventati amici. Il nostro legame si è trasformato in qualcosa di più e dopo sei mesi ci siamo sposati.
La percentuale di matrimoni felici non è molto alta e il numero diventa preoccupante quando ci si sposa giovani. Noi ci siamo sposati il giorno dopo il mio diciottesimo compleanno, senza sapere quanto sarebbe stata dura.
Nonostante gli avvertimenti di famigliari e amici sui rischi di sposarsi troppo presto, non cambiammo idea. Eravamo follemente innamorati e pronti ad affrontare il mondo insieme. I primi anni sono andati bene. A volte litigavamo, ma niente di serio. A 19 anni ho fondato una società di servizi e ho raggiunto un reddito a sei cifre in un anno.
Tuttavia, non sapevo nulla di business ed ho gestito male i miei affari. Nell’aprile del 2011 avevamo 180.000 dollari di debiti e litigavamo di continuo per questioni di soldi. Dopo aver litigato costantemente per quasi un anno, abbiamo deciso che era ora di separarci e mettere fine al nostro matrimonio. Ritorno spesso a quella conversazione e mi vengono sempre le lacrime agli occhi.
Il giorno dopo la separazione è stato uno dei più brutti della mia vita. Svegliarsi a casa di un amico, senza vederla dormire accanto a me, è stato tremendo. Ho pianto, ho urlato, ho pensato anche al suicidio. Credevo che la mia vita fosse finita e che i miei figli mi avrebbero visto come io avevo visto mio padre dopo la separazione dei miei. Mi veniva da vomitare al pensiero di un altro accanto a lei. Ma c’è speranza.
Quell’anno è stato duro. Ai nostri problemi si univano quelli finanziari ed ero in sovrappeso di circa 80 chili.
Il giorno seguente, dopo aver pianto disperatamente, ero determinato a cambiare vita. Non m’importava a quale condizione, volevo fare di tutto per avere una vita senza rimpianti. Così ho messo le scarpe da ginnastica e sono andato a correre. Anche se mi sentivo come se stesse per venirmi un infarto, ero deciso. Ho eliminato il cibo nocivo e ho iniziato una dieta sana. A volte provavo a chiamare mia moglie per dirle che l’amavo, ma rispondeva sempre la segreteria.
Mi svegliavo ogni giorno con la convinzione di migliorare. Il cambiamento mi è costato molti giorni e molte lacrime. In quel periodo io e mia moglie abbiamo ricominciato a parlarci, poi a vederci e ci siamo conosciuti nuovamente.
Il giorno prima della sentenza di divorzio doveva essere l’epilogo, con l’udienza in tribunale e la chiusura del caso. Abbiamo preferito l’amore al nostro passato. Ad oggi, siamo sposati da 16 stupendi e difficili anni. Ma ci siamo guadagnati questo matrimonio.
L’amore è una decisione.
Innamorarsi è facile. Quando provi certe cose, sei così felice da non vedere più nulla. Ma, finita la luna di miele, la realtà inizia a farsi avanti. Questo è il punto, sei tu a decidere che realtà vuoi. Un consulente molto saggio ci disse che l’amore non è un sentimento, ma una decisione. Si decide di amare e di restare innamorati.
I sentimenti sono mutevoli, ma quando decidi ogni giorno di rispettare la promessa, stai scegliendo l’amore. Quando pensi che preferiresti morire piuttosto che tradire la persona che hai accanto, stai decidendo di amare.
Ci sarà sempre un’altra persona attraente a tentarci. L’erba del vicino sembrerà sempre più verde, soprattutto nei momenti più difficili, ma il vero amore non conosce le tentazioni. Se siete separati, mi auguro che continuiate a sperare. Se qualcun altro vi ha sedotto, spero abbiate scelto l’amore e non l’attrazione fisica. Se la vostra vita insieme è appena iniziata, scegliete di amarvi in ogni singolo minuto che vi è stato concesso.
La vita è breve e il tempo è l’unica cosa che non potremo mai riavere. Potete arrivare alla fine dei vostri giorni rimpiangendo l’amore oppure felici delle vostre decisioni. Scegliete l’amore.
Questo blog è apparso originariamente su Huffington Post United States ed è stato tradotto dall’inglese da Milena Sanfilippo
È una delle frasi più desiderate del pianeta. Per sentirsi dire “io ti amo” da qualcuno, la gente è in grado di fare cose che ci hanno sorpreso, e di cui abbiamo sentito parlare in innumerevoli storie, pellicole e canzoni. E le cose che le persone sono in grado di fare per chi le ama sono altrettanto stupefacenti.
Ma perché ci teniamo tanto a sentirci dire “io ti amo”? Forse è la promessa di avere un posto nel cuore di qualcuno, o la nascente consapevolezza del nuovo significato che rivesti nella vita di qualcuno. Spesso è la frase che viene pronunciata prima che una relazione compia il passo successivo, la manifestazione del fatto che qualcuno venga amato per tutte le sue peculiarità, per il suo aspetto, per il suo cuore, per ciò che è (nel bene, nel male e nell’imperfezione). La gente adora quell’idea, l’idea di essere abbastanza, l’idea d’essere il tutto di qualcuno.
Amiamo essere amati.
Allora perché l’amore è tanto complicato? Perché la gente che dice di amarsi si lascia? Perché finiscono i matrimoni? Perché a volte le canzoni d’amore sono tanto tristi? Perché esistono i cuori infranti? Come fa una persona che una volta era il tuo tutto a diventare un estraneo o addirittura un nemico?
Forse perché l’amore è il male definitivo? O magari è un sentimento fugace che solo alcuni fortunati riescono a provare per sempre?
Io credo nell’amore. Io credo nella sua forza e nel significato che ha nei rapporti umani. Ma ho anche imparato che l’amore non sempre basta a se stesso. C’è bisogno di un qualcosa di più dell’amore per far funzionare un rapporto. L’amore dà inizio a tante grandi storie, ma l’amore da solo non farà durare una relazione per sempre.
Ci sono sei frasi che penso siano altrettanto importanti, e perfino ancor più importanti del “ti amo”. Frasi che secondo me noi tutti dovremmo sentir pronunciare da coloro a cui siamo vicini. Frasi che per noi dovrebbero essere importanti quanto una dichiarazione d’amore.
1. “Io ti perdono”
Io ti perdono per tutte le cose che hai fatto, o che farai, che potrebbero farmi soffrire. Ti perdono per come potresti scattare quando sei arrabbiato, ti perdono per le cose che potresti dire quando sei stanco dopo una lunga giornata. Ti perdono per tutte le volte che non ti sei neanche reso conto di avermi offesa. Ti perdono per i tuoi grandi errori, e anche per quelli più piccoli. Ti perdono per non esserti reso conto di ciò di cui avevo bisogno quando invece ero convinta che lo sapessi, o mi aspettavo che tu lo sapessi. Ti perdono quando fallisci, perché vedo quanto ci provi. Ti perdono nel modo in cui spero che sarai tu a perdonare me perché mi rendo conto che non siamo perfetti.
2. “Io mi sacrificherò per te”
Sacrificherò il mio tempo per te. Per te rinuncerò a me stessa. Resterò in piedi fino a tardi per stare al tuo fianco mentre impari a prenderti cura del nostro bambino, anche se poi la mattina dovrò andare al lavoro. Resterò al tuo fianco quando starai male. Quando ti sentirai debole sarò la tua forza. Per te ci sarò sempre, alle tre del mattino così come alle sette di sera. Ci sarò quando non ci sarà nessun altro, e ci sarò al cento per cento. In salute e in malattia, la mia disponibilità ad esserci non cambierà. Sacrificarmi non dipenderà dalle condizioni in cui ti troverai, ma lo farò perché esisti, e perché sei quel genere di persona per cui ne vale la pena.
3. “Io ti rispetto”
Io ti rispetto per ciò che sei, e non per ciò che penso che tu ti meriti. Ti rispetto perché meriti il mio rispetto, non perché te lo sei guadagnato. Rispetterò le tue opinioni e terrò sempre in considerazione i tuoi sentimenti. Ti tratterò come una persona coi suoi pensieri, le sue speranze, sogni e desideri. E quei pensieri, speranze, sogni e desideri conteranno per me tanto quanto contano per te.
4. “Io ti sosterrò”
Io sosterrò le tue speranze e i tuoi sogni. Io ti guarderò sempre le spalle. E tu potrai fidarti di me. Ti solleverò e non ti abbatterò mai. Mi assicurerò che tu abbia sempre ciò di cui abbia bisogno, fisicamente, emotivamente, spiritualmente e mentalmente. Ti risolleverò quando cadrai.
5. “Io ti proteggerò”
Io ti proteggerò dalla sofferenza. Io proteggerò il tuo cuore dal dolore. Io proteggerò l’idea di noi. Io non ti sminuirò. Farò tesoro di te e ti farò da scudo contro il male, la cattiveria e la mostruosità. Non lascerò che gli altri t’abbattano. Fra le mie braccia sarai al sicuro, al sicuro fra le mie mani e al sicuro nel mio cuore. Sarò il tuo porto sicuro, la tua rete di sicurezza e la persona di cui potrai sempre fidarti.
6. “Io ti sarò sempre devoto”
Non ti lascerò. Per te ci sarò ogni volta. E lo renderò una priorità della mia vita. Guarderò agli inizi del nostro rapporto, m’impegnerò per il nostro presente, e guarderò avanti al nostro futuro perché noi due siamo qualcosa che voglio duri per sempre.
C’è chi potrebbe obiettare che se ami qualcuno, tutte queste cose dovranno già far parte di quell’amore. Che chi ama si sacrifica automaticamente per te, ti rispetta, ti perdona, ti sostiene, ti protegge e ti è devoto.
In un mondo perfetto e ideale sono convinta che tutti questi attributi confluiscano insieme e si esprimano attraverso un sentimento puro e incondizionato. È un tratto che noi tutti ci sforziamo di sviluppare. Ma per mia esperienza siamo umani, e non raggiungiamo quel livello di perfezione – anche nei confronti di coloro che amiamo.
Se il vero amore fosse tutto ciò di cui abbiamo bisogno, l’amore non sarebbe altrettanto difficile e i rapporti non si sfascerebbero così facilmente.
La verità è che ci sono tante persone che potresti amare, ma pochissimi rapporti che potresti far durare per sempre. Ecco perché una persona è in grado di amare qualcun altro più della propria vita, pur nella profonda consapevolezza che fra loro non funzionerebbe mai. Ecco perché la gente è in grado d’allontanarsi da coloro che ama. Ecco perché c’è chi è in grado di rinunciare a una vita piena d’amore per un singolo istante di debolezza e di piacere egoistico. Ecco perché la gente mente, ruba e truffa e tradisce coloro che ama.
Ho amato tante persone, ma non sono con loro. Sto con un uomo che mi ha dato più dell’amore. Sto con un uomo che è riuscito a guardare oltre i miei errori. Sto con un uomo che si è sacrificato per me. Sto con un uomo che mi onora e mi rispetta. Sto con un uomo che si prende cura di me in tanti modi diversi. Sto con qualcuno che mi fa sentire protetta e sicura. Sto con qualcuno che so che mi amerà nella buona e nella cattiva sorte, che non mi ha lasciato né mi abbandonerà quando le cose si metteranno male.
Sto con l’uomo che per me è stato più di un “ti amo”.