E’ arrivato il momento di decidere da che parte stare. E’ vero che non ci sono soluzioni semplici e che ogni cosa in questo mondo è sempre più complessa. Ma per affrontare i cambiamenti epocali della storia è necessario avere una posizione, sapere quali sono le priorità per poter prendere delle scelte.
Noi stiamo dalla parte degli uomini scalzi. Di chi ha bisogno di mettere il proprio corpo in pericolo per poter sperare di vivere o di sopravvivere. E’ difficile poterlo capire se non hai mai dovuto viverlo. Ma la migrazione assoluta richiede esattamente questo: spogliarsi completamente della propria identità per poter sperare di trovarne un’altra. Abbandonare tutto, mettere il proprio corpo e quello dei tuoi figli dentro ad una barca, ad un tir, ad un tunnel e sperare che arrivi integro al di là, in un ignoto che ti respinge, ma di cui tu hai bisogno.
Sono questi gli uomini scalzi del 21°secolo e noi stiamo con loro. Le loro ragioni possono essere coperte da decine di infamie, paure, minacce, ma è incivile e disumano non ascoltarle.
La Marcia degli Uomini Scalzi parte da queste ragioni e inizia un lungo cammino di civiltà. E’ l’inizio di un percorso di cambiamento che chiede a tutti gli uomini e le donne del mondo globale di capire che non è in alcun modo accettabile fermare e respingere chi è vittima di ingiustizie militari, religiose o economiche che siano.
Non è pensabile fermare chi scappa dalle ingiustizie, al contrario aiutarli significa lottare contro quelle ingiustizie. Dare asilo a chi scappa dalle guerre, significa ripudiare la guerra e costruire la pace.
Dare rifugio a chi scappa dalle discriminazioni religiose, etniche o di genere, significa lottare per i diritti e le libertà di tutte e tutti.
Dare accoglienza a chi fugge dalla povertà, significa non accettare le sempre crescenti disuguaglianze economiche e promuovere una maggiore redistribuzione di ricchezze.
Venerdì 11 settembre lanciamo da Venezia la Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi. In centinaia cammineremo scalzi fino al cuore della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica. Ma invitiamo tutti ad organizzarne in altre città d’Italia e d’Europa.
Per chiedere con forza i primi quattro necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali:
1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature
2. accoglienza degna e rispettosa per tutti
3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti
4. creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino
Perché la storia appartenga alle donne e agli uomini scalzi e al nostro camminare insieme.
L’appuntamento è Venerdì 11 settembre alle 17.00 a Lido S.M.Elisabetta.
Se qualcuno decide di organizzare altre manifestazioni di donne e uomini scalzi lo stesso giorno in altre città ce lo comunichi a: donneuominiscalzi@gmail.com
Primi firmatari
Lucia Annunziata
Don Vinicio Albanesi
Gianfranco Bettin
Marco Bellocchio
Don Albino Bizzotto
Elio Germano
Gad Lerner
Giulio Marcon
Valerio Mastrandrea
Grazia Naletto
Giusi Nicolini
Marco Paolini
Costanza Quatriglio
Norma Rangeri
Roberto Saviano
Andrea Segre
Toni Servillo
Sergio Staino
Jasmine Trinca
Daniele Vicari
Don Armando Zappolini (CNCA)
Mauro Biani, vignettista de il Manifesto
Fiorella Mannoia
Frankie Hi Nrg
Maso Notarianni
Ascanio Celestini
Amnesty International Italia
CGIL Nazionale
Emergency
Arci
Acli
Terres des Hommes
Mani Tese
Oxfam Italia
Medici Senza Frontiere
COME ADERIRE
LISTA COMPLETA DELLE ADESIONI
http://donneuominiscalzi.blogspot.it/
È arrivato il momento di decidere da che parte stare.
È vero che non ci sono soluzioni semplici e che ogni cosa in questo mondo è sempre più complessa.
Ma per affrontare i cambiamenti epocali della storia è necessario avere una posizione, sapere quali sono le priorità per poter
prendere delle scelte.
Noi stiamo dalla parte degli uomini scalzi.
Di chi ha bisogno di mettere il proprio corpo in pericolo per poter sperare di vivere o di sopravvivere.
È difficile poterlo capire se non hai mai dovuto viverlo.
Ma la migrazione assoluta richiede esattamente questo: spogliarsi completamente della propria identità per poter sperare di
trovarne un’altra. Abbandonare tutto, mettere il proprio corpo e quello dei tuoi figli dentro ad una barca, ad un tir, ad un tunnel e
sperare che arrivi integro al di là, in un ignoto che ti respinge, ma di cui tu hai bisogno.
Sono questi gli uomini scalzi del 21°secolo e noi stiamo con loro.
Le loro ragioni possono essere coperte da decine di infamie, paure, minacce, ma è incivile e disumano non ascoltarle.
La Marcia degli Uomini Scalzi parte da queste ragioni e inizia un lungo cammino di civiltà.
È l’inizio di un percorso di cambiamento che chiede a tutti gli uomini e le donne del mondo globale di capire che non è in alcun
modo accettabile fermare e respingere chi è vittima di ingiustizie militari, religiose o economiche che siano. Non è pensabile
fermare chi scappa dalle ingiustizie, al contrario aiutarli significa lottare contro quelle ingiustizie.
Dare asilo a chi scappa dalle guerre, significa ripudiare la guerra e costruire la pace.
Dare rifugio a chi scappa dalle discriminazioni religiose, etniche o di genere, significa lottare per i diritti e le libertà di tutte e tutti.
Dare accoglienza a chi fugge dalla povertà, significa non accettare le sempre crescenti disuguaglianze economiche e promuovere
una maggiore redistribuzione delle ricchezze.
La Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi chiede con forza i primi necessari cambiamenti delle politiche migratorie
europee e globali:
1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature
2. accoglienza degna e rispettosa per tutti
3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti
4. creazione di un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino
Perché la storia appartenga alle donne e agli uomini scalzi e al nostro camminare insieme.
Aderiscono:
Comitato 1° Marzo, Comunità delle Piagge, Coordinamento Basta Morti nel Mediterraneo, Emergency Firenze e Sesto
Fiorentino-Calenzano, Fuori Binario, Rete Antirazzista Fiorentina, Camera del Lavoro CGIL Firenze, CGIL Toscana, Cospe, ARCI
Comitato territoriale Firenze, Progetto Arcobaleno, Amnesty International, Associazione in Fabula, Comitato P. Calamandrei,
Associazione di Volontariato “nuova vita” Onlus, Altroteatro, Adagietto Diversamente teatro, Straniamenti, Azzerocappaemme,
Associazione Artemisia, Oxfam Italia, Medici Senza Frontiere Firenze, Bizantina Worldmusic, Anelli Mancanti, Teatro Del Borgo,
Forum permanente delle donne di Certaldo, Giovani Musulmani d’Italia, Libere Tutte Firenze, Medici per i Diritti Umani, Atelier
Vantaggio Donna, UIL Toscana, Legambiente Toscana, Rete delle Associazioni della Comunità Marocchina in Italia, FAT, Agesci
Zona Firenze Ovest, Fabbrica dei Racconti e della Memoria, PerUnaltracittà, IParticipate Toscana, Radio Cora
Stiamo promuovendo a Firenze iniziative volte a esercitare tutta la pressione possibile su governi e istituzioni
sul tema dell’immigrazione. SE ANCHE TU COME SINGOLO O ASSOCIAZIONE SENTI QUESTA COME UNA
PRIORITÀ DEL NOSTRO TEMPO, E SE VUOI ANCHE TU “RESTARE UMANO”, ADERISCI E PARTECIPA!
http://www.facebook.com/groups/bastamortinelmediterraneo
VENERDÌ 11 SETTEMBRE
PARTECIPA ALLA MARCIA DELLE DONNE E DEGLI UOMINI SCALZI
PROMOSSA A FIRENZE IN ADESIONE ALL’EVENTO NAZIONALE
PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE
ore 18 Raduno in piazza Santa Maria Novella
Corteo a piedi scalzi fino a Piazza San Giovanni
ore 19-20,30 Azione di memoria collettiva delle quasi 30.000 vittime del Mediterraneo.
All’arrivo in piazza, i primi del corteo dovranno cercare di disporsi in cerchio per lasciare uno spazio ampio vuoto nel mezzo.
Verranno distribuiti foglietti con l’anno simbolico della morte.
Al momento dell’inizio dell’azione, verranno letti i morti per anno. Le persone con quel numero di anno dovranno poggiare le scarpe nel cerchio. Le scarpe dovrebbero essere poggiate le une accanto alle altre, senza fare la catasta, perché andrebbero riprese al termine dell’azione.
Le associazioni aderenti potranno intervenire con letture e testimonianze.
ADERISCONO ALLA MANIFESTAZIONE:
Comitato 1° Marzo, Comunità delle Piagge, Coordinamento Basta Morti nel Mediterraneo, Emergency Firenze e Sesto Fiorentino-Calenzano, Fuori Binario, Rete Antirazzista Fiorentina, Camera del Lavoro CGIL Firenze,CGIL Toscana, Cospe, ARCI Comitato territoriale Firenze, Progetto Arcobaleno, Amnesty International, Associazione in Fabula, Comitato P. Calamandrei, Associazione di Volontariato “nuova vita” Onlus, Altroteatro, Adagietto Diversamente teatro, Straniamenti, Azzerocappaemme, Associazione Artemisia, Oxfam Italia, Medici Senza Frontiere Firenze, Bizantina Worldmusic, Anelli Mancanti, Teatro Del Borgo, Forum permanente delle donne di Certaldo, Giovani Musulmani d’Italia, Libere Tutte Firenze, Medici per i Diritti Umani, Atelier Vantaggio Donna, UIL Toscana, Legambiente Toscana, Rete delle Associazioni della Comunità Marocchina in Italia, FAT, Agesci Zona Firenze Ovest, Fabbrica dei Racconti e della Memoria, PerUnaltracittà
Il Comunicato ufficiale della Manifestazione
Per informazioni:
Comitato Basta Morti nel Mediterraneo
055-373737 / 320.0138762 / 333.6532856
Il Comitato delle Associazioni fiorentine “Basta Morti nel Mediterraneo”sta promuovendo a Firenze iniziative volte a esercitare tutta la pressione possibile su governi e istituzioni sul tema dell’immigrazione.
SE ANCHE TU COME SINGOLO O ASSOCIAZIONE SENTI QUESTA COME UNA PRIORITÀ DEL NOSTRO TEMPO, E SE VUOI ANCHE TU “RESTARE UMANO”, ADERISCI E PARTECIPA!
Per informazioni: 055-373737 / 320.0138762 / 333.6532856
L’impresa del declino
Michele Prospero
EDIZIONE DEL 30.08.2015
PUBBLICATO 29.8.2015, 23:59
L’attacco del presidente della Confindustria al sindacato va letto insieme alle parole spese, qualche giorno prima, dal capo del governo. La riduzione delle tasse, aveva scandito Renzi, è un atto di restituzione della libertà. In questo ritrovato eden dei diritti dell’uomo a non cedere i frutti della propria industria allo Stato dissipatore, non poteva mancare l’ira di Squinzi contro il sindacato, denunciato come l’ostacolo principale alla modernizzazione. Si raggiunge, in questo armonioso coro politico-padronale, alzato contro il principio costituzionale della tassazione progressiva (come fondamento della cittadinanza sociale e delle politiche pubbliche), e in sfregio al ruolo democratico del sindacato del conflitto, il punto più alto del trionfo della destra economica. È il compimento dell’ideologia della seconda repubblica: la libertà come immunizzazione dal fisco e la modernità come liberazione della fabbrica dal punto di vista operaio. Peccato che questa ricetta gloriosa (criminalizzazione del fisco e sacrificio dei diritti dei lavoratori) non funzioni e abbia anzi determinato il declino in un capitalismo marginale e semiperiferico. In esso, i soli primati contesi dall’Italia sono quelli dell’evasione fiscale, dell’economia criminale. Per non parlare dei simboli decadenti di un’imprenditoria con infimi livelli di istruzione e con una carenza strutturale nella sua rete cognitiva, manageriale e tecnologica.
Assente in quasi tutti i settori trainanti dello sviluppo (computer, telefonia, nanotecnologie, informatica, biotecnologie, economia della conoscenza), il capitalismo italiano (quello che resta di esso dopo le acquisizioni straniere delle isole di eccellenza) cerca di sopravvivere senza innovare, competere, investire. Oltre all’evasione fiscale, alle richieste di depenalizzazione dei reati fiscali e societari, una certa impresa ormai decotta reclama, quali surrogati della propria incapacità concorrenziale e innovativa, la contrazione dei diritti, la precarietà infinita, il nero, il sommerso.
Tra le brillanti pratiche, in cui l’impresa italiana si distingueva e mostrava di avere ben poco da invidiare agli attori delle altre economie, c’era quella che produceva morti bianche a un ritmo industriale. Una pagina infinita di infortuni, feriti, tutta scritta in nome della modernità che sfida la salute, maltratta l’ambiente con l’esternalizzazione del danno, allunga i tempi.
Nei tribunali della repubblica ancora si processano le imprese per le loro acclarate responsabilità nelle morti per amianto, procurate dalla concezione padronale della modernità: i profitti come variabile indipendente, il corpo che lavora come semplice materiale accessorio. In un paese che ha prodotto Taranto, l’impresa dovrebbe serbare più remore nel pronunciarsi in tema di ostacoli sociali e sindacali alla bella modernità.
Preferiscono prendersela con il fisco, con i lavoratori e i sindacati perché così evitano di analizzare le responsabilità di un capitalismo senza capitali che ha scandito le vicende economiche, talvolta persino grottesche, della seconda repubblica. Da quando è stata smantellata la grande impresa pubblica (nella chimica, nella siderurgia, negli idrocarburi, nell’energia e quindi attiva nella ricerca applicata), l’economia italiana arranca, brancola nel buio senza più contare nella presenza di un vettore di sviluppo (grazie a competenze, esperienze tecnologie e gestionali) nei campi strategici.
E le politiche di privatizzazioni e di dismissioni del Tesoro (negli anni Novanta, l’Italia raggiunse terzo posto al mondo per i ricavi dalle vendite di giganti statali), varate dopo gli accordi Andreatta-Von Miert, e in risposta alle procedure europee di infrazione, non hanno visto l’impresa distinguersi nel cambio di fase. Senza più gli aiuti di stato (che il capitalismo non disdegnava malgrado l’ideologia liberista di facciata: il 55 per cento dell’ammontare complessivo dei soccorsi statali nei paesi dell’Unione europea era concentrato in Italia), l’impresa va alla deriva, incassa i dividendi e affoga nella concorrenza dei mercati.
Dopo un ventennio di declino, determinato dalla carenza di politiche industriali, dall’incapacità di disegnare un nuovo modello di sviluppo qualitativo, l’impresa si affida a Renzi. Che gli regala lo scalpo dell’articolo 18 («il dogma più radicale della sinistra dogmatica», dice), e si genuflette al cospetto di un maglione blu mormorando: «La sinistra europea dice grazie a Marchionne perché crea posti di lavoro». Un’impresa che ha fatto le fortune con gli incentivi per le rottamazioni, saluta nel rottamatore il suo uomo accasato a palazzo Chigi.
Con le sue parole anche Squinzi offre il cemento al governo del declino e si illude così di acciuffare la modernità. Proprio con questo rapporto di subalternità della politica all’economia (in nome del condiviso paradigma della disintermedizione ossia della liquidazione della rappresentanza sociale), non ci sarà mai una modernizzazione della struttura produttiva, una politica industriale, una effettiva internazionalizzazione delle aziende, una crescita dimensionale delle imprese oltre le asfissie del terzo capitalismo. L’economia avrebbe bisogno di statisti e invece Squinzi fa la sentinella alla chiacchiera di Renzi che spaccia per decisione politica.