Archive for novembre, 2010


 

 

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Oggi la Camera dei deputati ha votato a maggioranza la riforma dell’ Università con 306 voti favorevoli. Il disegno di legge dovrà tornare al senato ma non si sa se prima o dopo il 16 dicembre. Dopo due anni di proteste e diverse manifestazioni stasera abbiamo avuto questo risultato ed anche oggi alle manifestazioni studentesche di dissenso il governo attraverso il ministro dell’interno ha risposto spiegando forze di polizia in assetto di sommossa, come negli anni di piombo….

E stasera a cena con mia figlia, 19 anni 1° anno di chimica e tecnologie farmaceutiche, sentire tutta la sua la rabbia, l’indignazione e l’impotenza rispetto a tutto questo.  E non avere parole di risposta alle sue che raccontavano di un corteo pacifico che si è visto la strada sbarrata verso ogni direzione e la rabbia e l’incredulità di vedere i poliziotti in quello stato e chiedersi e chiedermi di come potevano fare quello che stavano facendo, chiedersi se figli li avevano pure loro. Di come cazzo fanno quando si trovano a dover rispondere ad un ordine di carica immotivata come quella che si è verificata pochi giorni fa a novoli! 

“Mamma, ma come cazzo fanno a manganellare in testa?!”

 E non avere le parole di risposta perchè una risposta plausibile non c’è.    

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DONNE

“Donne in rinascita” – di Jack Folla

 

Più dei tramonti , più del volo di un uccello,  la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.

 

Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta. 

Che uno dice: è finita. 

No, non è mai finita per una donna. 

Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole. 

Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia. 

Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l’esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola. 

Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all’altezza o se ti devi condannare. 

Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai. 

E sei tu che lo fai durare. 

Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l’aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s’infiltri nella tua vita. 

Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane. 

Sei stanca: c’è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto. 

Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa. 

Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: “Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così”. 

E il cielo si abbassa di un altro palmo. 

Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua. In quell’uomo ci hai buttato dentro l’anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata. 

Comunque sia andata, ora sei qui e so che c’è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento. 

Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine. 

Ed è stata crisi, e hai pianto. Dio quanto piangete! Avete una sorgente d’acqua nello stomaco. 

Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino. 

Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo. 

E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l’aria buia ti asciugasse le guance? 

E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate, ragazze! Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore. 

“Perché faccio così? Com’è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?”  Se lo sono chiesto tutte. 

E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile. Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi? 

E’ da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. 

Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti. 

Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te. 

Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa. 

Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente. Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel. Parte piano, bisogna insistere. Ma quando va, va in corsa. 

E’ un’avventura, ricostruire se stesse. La più grande. 

Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli. 

Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo “sono nuova” con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo. 

Perché tutti devono capire e vedere: “Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando anche per voi. 

Ma soprattutto per noi stesse”. 

Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia. Per chi la incontra e per se stessa. 

È la primavera a novembre. 

Quando meno te l’aspetti…

PARLA CON ME

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Gentile Ministra Mara Carfagna,

Riguardo la Sua scelta di non dimettersi dal Ministero delle Pari Opportunità, le auguro innanzitutto buon lavoro.

Le chiedo di utilizzare maggior impegno nel contrasto della violenza contro le donne, che nel nostro Paese sta raggiungendo livelli preoccupanti.

Essendo sicura che anche Lei legge i giornali, La prego di soffermarsi di più sui fatti di cronaca che purtroppo rivelano un triste spaccato del nostro Paese, ma anche il triste primato in Europa per violenze domestiche.

Agghiacciante notare il numero elevato di donne maltrattate, stuprate e uccise nelle nostre famiglie. Questo rivela quando siano fallimentari i Vostri sforzi per avviare politiche per la sicurezza delle città, in nome delle donne. Con questo mai e poi mai mi permetto di sminuire il Vostro lavoro, è il contesto delle vostre politiche di sicurezza a non essere stato centrato.

E’ la famiglia italiana a detenere il primato della violenza contro le donne, non le nostre strade. Tanto per citarvi l’ultimo episodio della lunga serie, sono convinta che il nome di Eliana Femiano non Le suona nuovo (o almeno spero).

L’omicidio di Eliana, avvenuto con lo stesso movente della lunga lista di omicidi contro NOI donne, conferma l’arretratezza culturale di un Paese fatto di uomini poco inclini ad accettare che una donna possa mettere fine ad una storia sentimentale e ancora più raccapricciante notare come tutto il sistema sia complice, compreso quello giudiziario, il quale ha permesso ad un uomo che ha tentato di ucciderla un’altra volta di godere di una pena pari a poco meno di un anno e degli arresti domiciliari , luogo che non solo non ha impedito un eventuale tragedia ma è stato addirittura utilizzato per raggiungere il suo scopo: quello di uccidere Eliana. Per questo sostengo che è sopratutto il nostro sistema ad essere responsabile di queste tragedie.

Sono consapevole che se ci fosse stato più impegno da parte del Governo, la morte di questa povera ragazza, (così come tante altre) poteva anche essere evitata.

Sono fermamente convinta che Lei, in quanto donna, si senta chiamata in causa. Apprezzo molto che Lei sia stata la prima ad far approvare la legge contro lo stalking, ma un deterrente non è sufficiente in un contesto dove mancano totalmente le basi culturali del rispetto delle donne. Urgono campagne di prevenzione sulle cause che generano così tanta violenza sulle donne. Ritengo che la legge contro la violenza sulle donne di Luis Zapatero approvata già da dieci anni sia un buon modello a cui ispirarsi.

Ricordando il Suo interesse quasi morboso quando le violenze sulle donne avvengono dentro le case di minoranze che non appartengono alla nostra cultura, quello che Le chiedo è: Si costituirà parte civile anche per questo episodio o preferisce far cadere volutamente nel dimenticatoio tutto ciò che avviene nelle famiglie italiane?

Sono fermamente convinta che saremo in grado di dare lezioni di civiltà e di rispetto di genere ad altre culture soltanto quando nel nostro Paese avremmo sconfitto tutti gli ostacoli che impediscono la piena realizzazione personale e la libertà delle donne, cosa che in Italia non si fa e potrei elencarle anche alcune nostre falle.

Siamo al 74° posto nel mondo per quanto riguarda la parità tra uomini e donne, siamo il paese dove le donne trovano moltissime difficoltà a far carriera e trovare tempo per sé stesse, siamo il Paese dove le donne vengono utilizzate come ammortizzatore sociale e non possono nemmeno scegliere quando avere un figlio, siamo il paese dove la Velina è l’unico modello femminile che viene promosso vincente. Siamo l’unico Paese in Occidente che tratta le donne in questo modo. L’ultima domanda che le faccio è questa:

Se ritiene che l’Italia sia un Paese che rispetta le donne (come Lei tiene a far passare ogni volta che uno straniero mina i diritti di una donna), come mai quasi tutti i recenti progressi che sono stati fatti nel nostro Paese per quanto riguarda l’uguaglianza fra i sessi sono stati quasi imposti a seguito di pressioni da parte di Paesi stranieri?

Non penso di chiederLe troppo, ma solo rispetto e impegno e glielo chiedo come donna.

Cordiali saluti
Firma

Questa è un’ e-mail  (  http://comunicazionedigenere.wordpress.com/   ) che potrebbe essere utilizzata come modello per un mailbombing al seguente indirizzo:

 serep@paripportunita.gov.it

 

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Non è l’Onda. Non è neanche un nuovo Sessantotto. Almeno per ora. Ma non è neppure un movimento piccolo e marginalizzabile. Soprattutto non è un  episodio. La protesta degli studenti Italiani contro la riforma Gelmini (se anche solo lontanamente è definibile così) non è più occultabile. Perché non è una protesta dei solo studenti, ma anche dei ricercatori, degli insegnanti, di chi produce e usufruisce di cultura in questo Paese. È una rivolta, quella a cui stiamo assistendo, di “sistema”. Un sistema, quello dell’istruzione, formazione e ricerca, che aveva certamente molte pecche, che doveva essere rivisto, ripensato e riformato. Ma non liquidato. Attraverso tagli e smembramenti, privatizzazioni di settori strategici per consentire nuove formule di clientelismo spacciate per esigenze di efficienza.

Non è un episodio. Ripetiamolo. Qui ci troviamo davanti a una protesta diffusa che è montata nel corso di due anni quasi clandestinamente. Che si è strutturata per canali incomprensibili sia ai media che soprattutto alla politica, che si era in parte materializzata sui tetti degli istituti di ricerca in liquidazione negli scorsi mesi e che oggi, invece, si trasferisce (moltiplicando obiettivi e bisogni) sui monumenti di mezza Italia.

Una nota poi va fatta, dopo aver visionato decine e decine di video di quello che sta succedendo in tutto il Paese in questi giorni. Lo spropositato uso della forza da parte di uomini in divisa. Non si tratta di qualche episodio isolato. Ormai avviene ovunque. Oggi sugli studenti. Nelle settimane scorse su manifestanti in Campania e perfino pastori sardi. L’uso della forza innesca una catena di reazioni. Innesca esasperazione. E apre spazi ad altro. L’uso della forza è profondamente politico. E Maroni lo sa benissimo. Che si senta davvero responsabile d quello che sta avvenendo e che avverrà. Perché è impossibile nascondere la reale natura di così tanti episodi di uso sproporzionato di metodi repressivo delle proteste. Troppi telefonini, troppe telecamere, troppi blog e troppi filmati su Youtube.Ieri il governo è andato sotto proprio sulla riforma Gelmini. Il ministro, intanto, non sembra aver capito quello che sta succedendo in tutto il Paese e continua a sciorinare battute in automatico su strumentalizzazioni e su ipotetici quattro gatti. Quattro gatti che votano, e la politica (e non la Gelmini che il giorno che spiegavano “politica” a scuola era assente) lo sa benissimo. E quindi questo saccheggio al patrimonio culturale e al futuro del Paese chiamato “riforma” alla Camera viene bloccato da “fuoco amico”. Perché quei voti un po’ arrabbiati di questi giovani che tutti davano a un futuro di solitudini e disimpegno invece ci sono. E questa generazione che si voleva suddivisa di nuovo in categorie determinate dal censo (chi ha i soldi per andare a studiare all’estero e chi no) è tornata in piazza a chiedere politica e scelte, cultura e impegno. E allora il governo va sotto. E continuerà ad andarci.

E qui si apre anche un’altra repressione. Quale è il livello di formazione e di verifica sui comportamenti e la professionalità di chi si manda in strada a garantire l’ordine pubblico? Alcune delle scene a cui stiamo assistendo su questo aspetto non marginale ci costringono a riflettere. E a tenere gli occhi aperti.

No, non è ancora un Sessantotto. Per ora.

di Pietro Orsatti

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LIGA

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UTOPIE

Di quale materia sono fatti i sogni?

E’ lecito continuare a sognare quando tutto, tutto sta andando a rotoli?

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Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Vale la pena di leggere l’articolo che Lorenzo ha scritto sul suo sito.

 

 

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Terra Santa Libera

Il folle progetto sionista si realizzerá con la pulizia etnica locale e la ricostruzione del tempio sul Monte Moriah

noisuXeroi

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