Archive for febbraio, 2011


PALESTINA

 

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Questa canzone anticipa i recenti avvenimenti in Tunisia ed Egitto, ma ha acquisito risonanza particolare alla luce di ciò che è trapelato.

Amal Mathluthi 

Sono quelli che sono liberi e non temono
Sono i segreti che non moriranno mai
Io sono la voce di chi non voleva cedere
Io sono il significato nel caos

Io sono il diritto degli oppressi
che viene venduto da questi cani (le persone che sono cani)
che derubano la gente dei loro pane quotidiano
E che sbattono la porta in faccia alle idee

Sono quelli che sono liberi e non temono
Sono i segreti che non moriranno mai
Io sono la voce di chi non voleva cedere
Io sono libera e la mia parola è libera
Io sono libera e la mia parola è libera
Non dimenticare il prezzo del pane
E non dimenticate la causa della nostra miseria
E non dimenticate che ci hanno tradito in questo nostro tempo di bisogno

Sono quelli che sono liberi e non temono
Sono i segreti che non moriranno mai
Io sono la voce di chi non voleva cedere
Io sono il segreto della rosa rossa
Il cui colore ho amato negli anni
Il cui profumo è nei fiumi sepolti
Ed è  germogliato come il fuoco
La chiamata è per questi che sono liberi

Io sono una stella che brilla nelle tenebre
Io sono una spina nella gola dell’oppressore
Io sono un vento toccata dal fuoco
Io sono l’anima di coloro che non sono dimenticati
Io sono la voce di coloro che non sono morti

Facciamo argilla in acciaio
E costruiamo con essa un nuovo amore
Che diventa uccelli
Che diventa un paese / home
Che diventa vento e pioggia

Sono tutte le persone libere del mondo messe insieme
Io sono come un proiettile
Sono tutte le persone libere del mondo messe insieme
Io sono come un proiettile

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“Questo video e’ stato girato martedì mattina dopo che le autorità israeliane hanno effettuato un altro raid contro civili. Appena l’esercito e la polizia si sono allontanati, un furgone si e’ fermato nella zona e due agenti di polizia di frontiera sono saltati fuori. Kareem Tamimi, 11 anni, ha iniziato a fuggire, correndo verso la madre. Quando gli agenti di polizia di frontiera catturano il bambino, lo trattano (e maltrattano) come se fosse una persona adulta. In pochi secondi è caricato sul furgone della polizia e sulla strada fuori dal paese verso una località sconosciuta. Sua madre che piange mentre sbatte le mani contro le finestre del furgone della polizia e’ ignorata dalla polizia di frontiera.

L’arresto di Kareem faceva parte di una strategia per mettere sotto pressione suo fratello Islam, di 14 anni, che è stato arrestato il giorno precedente in un raid notturno, in modo da convincere Islam a firmare tutte le (finte) confessioni prodotte dagli investigatori. La strategia ha funzionato, e Kareem è stato rilasciato più tardi la sera stessa.

Dopo questo arresto, il portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato ai media e su Twitter che “un altro ricercato sospetto è stato catturato e condotto in un luogo di sicurezza per un interrogatorio”. Il portavoce ha dimenticato di precisare che il “ricercato sospetto” è solo un bambino di 11 anni.

Questi video, che raramente passano sui  media di massa, dimostrano la vita palestinese sotto l’occupazione israeliana. Questo è il prezzo che pagano quei palestinesi che se si rifiutano di stare in silenzio sotto l’occupazione”.

L’UNICEF venerdi’ ha pubblicato un rapporto nel quale vengono illustrati gli abusi d’Israele contro i bambini palestinesi nel 2010:

11 bambini palestinesi sono stati uccisi.

360 bambini palestinesi sono rimasti feriti.

213 bambini palestinesi sono stati stati tenuti sotto detenzione militare.

14 bambini palestinesi sono stati stuprati nelle prigioni israeliane.

75 bambini palestinesi sono stati torturati nelle prigioni israeliane.

62 bambini palestinesi sono stati picchati,

4 bambini palestinesi hanno subito l’elettroshock per estorcere loro confessioni.

Durante il 2010 le forze armate d’Israele hanno danneggiato 24 scuole palestinesi.

Sono ormai due anni che non più sentito Ale, il padre di mia figlia.

Tante volte, innumerevoli volte avrei voluto chiamarlo.

Ma si deve essere in due ad avere consapevolezza e non continuare all’infinito

a cercare conferme e inevitabilmente e slealmente tentare di appoggiarsi emotivamente

all’altro ristabilendo di fatto lo stesso quadro che anni prima ha portato alla separazione

Ma sono un pò preoccupata

Non vorrei che gli fosse successo qualcosa di grave

perchè è capitato durante questi mesi di incontrare “amici comuni” che non sanno

niente di lui

Sembra sparito

Ma lui è il padre di Ire

Questa storia infinita porterà altro dolore

Mentre invece si poteva cercare di trovare

una nostra “incantevole formula” per

continuare a vivere più seneramente

Soprattutto per nostra figlia

Non credo assolutamente che si debba stare insieme tutta una vita 

Mi è capitato spesso di dire e scrivere che tutte le persone che ho incontrato

durante lo scorrere della vita fanno parte di me comunque sia andata a finire

perchè penso profondamente che amare non significhi possedere 

Amare dovrebbe voler dire abbracciare in un abbraccio aperto

e lasciare liberi noi e gli altri di andare e venire, tornare e partire,

con gioia e senerità

perchè la vita in fondo è breve

e abbiamo il sacrosanto dovere di viverla

più felicemente possibile

LUCE DI PRIMAVERA

Nel silenzio

delle prime ore

di un assolato pomeriggio di sabato

si staglia netto e limpido

il canto

Passerotti che si accordano

con note e colori di altri uccelli

Li sento ma non so distinguerli

Li ascolto immobile

Mio padre potrebbe parlarmene

se fosse qui, con me

Potrebbe

Intanto è un tripudio di suoni

sulla scontata realtà

Incanto meraviglioso

E.M.

Quando il giorno è lungo e la notte, la notte e solo tua,
Quando sei sicuro che ne hai avuto abbastanza di questa vita, resisti
Non lasciarti andare, tutti piangono e tutti soffrono a volte
A volte tutto è sbagliato. Ora è tempo di cantare insieme

R.E.M. – Everybody Hurts (Live)

End of division?

23/02/2011

Gaza, il giorno della riconciliazione
 
Il 15 marzo in migliaia scenderanno in piazza a Gaza e in Cisgiordania per chiedere la fine delle divisioni tra Hamas e Fatah

Tunisia, Egitto, Yemen, Bahrein, Algeria, Libia, con tutto il loro impetuoso scorrere di sangue e di speranza non hanno lasciato certo intaccati gli argini degli animi dei giovani palestinesi di Gaza. Il fermento è in piena e traboccherà a breve: il 25 gennaio palestinese sarà il 15 marzo. In vista di questa data infatti, decine di gruppi giovanili stanno lavorando alacremente per scendere in migliaia nelle piazze di Ramallah e di Gaza, in una giornata che è stata battezzata non della collera, ma bensi’ della riconciliazione. La lezione impartita in particolare dalla rivoluzione egiziana dove forze laiche, musulmane, cristiane e di diverse classi sociali compatte sono riuscite a scacciare un potente dittatore che pareva inchiodato al trono, ha ritemprato l’orgoglio dei giovani gazawi pronti a esplodere in una forte e sensata richiesta di “End of division”, la fine della divisione fra Fatah e Hamas.
“Abbiamo scelto il 15 marzo perché per noi palestinesi è una data priva di significati politici o di particolari commemorazioni. La base della nostra iniziativa popolare è assolutamente apolitica, indipendente da tutte le fazioni politiche. Non accettiamo gruppi che si identificano anche lontanamente con qualche partito”, mi fa Assad, 22 anni.

Quando incontro Assad Saftawy, Mohammed Shamallakh, e Mohammed Al Sheikh al caffè Gallery, nel centro di Gaza city, la tensione si taglia con un coltello. Poco prima della mio arrivo, al caffè i ragazzi hanno ricevuto una spiacevole visita, quella della polizia in borghese di Hamas, che ha sequestrato loro computer e telefoni cellulari. “Perché Hamas ha cosi’ tanto timore di voi?” domando loro. “Nonostante siamo stati chiari fin dal primo istante che i nostri intenti sono esclusivamente per un invito a ricomporre la frattura fra Ramallah e Gaza, che così tante sofferenze comporta, evidentemente sospettano che fra noi ci sia qualcuno collegato alla ‘Revolution of Honor’, la giornata della collera indetta qualche settimana fa da Fatah e disertata in massa. Oltre a questo, tutti leader arabi temono le manifestazione spontanee dei giovani. Il buffo è che alti esponenti del governo di qui, come il deputato di Hamas Ahmed Yousef, si erano dichiarati pubblicamente a favore della nostra iniziativa”, afferma Mohammed Al Sheikh, 22 anni.

La politica delle parole veste i doppiopetti, quella dei fatti le divise scure del mukabarat, e l’irruzione di oggi in un caffè affollato delle forze di sicurezza di Hamas sono una minaccia esplicita per chiunque desideri aggregarsi all’iniziativa del movimento 15 marzo. “Pensate che anche a Ramallah abbiano gli stessi problemi?”, continuo l’intervista. Risponde Mohammed Shamallakh, 24 anni :”Certamente. E come noi anche loro sono disposti a finire in prigione. Non ci nascondiamo, scrivi pure i nostri veri nomi. Davanti alle telecamere i politici si spendono in mille buoni propositi circa una possibile riconciliazione, ma sappiamo bene che in realtà molti di essi godono di privilegi in questa situazione di stallo. I giovani sono stanchi di stare alla finestra a osservare la vita passargli davanti. Io per via della faida fra Hamas e Fatah ho perso tre borse di studio, la possibilità di viaggiare e di lavorare, di farmi una famiglia. Ogni giorno che passa è come un anno, e non voglio incominciare a vivere a quaranta anni, o a cinquanta. Se i nostri leader sono così poco lungimiranti da non avere il polso sulla situazione, sui bisogni della gente, il 15 marzo mostreremo loro che è ora di mettere da parte i dissidi interni e lavorare tutti assieme per la fine dell’assedio e dell’occupazione”.

Non solo nel centro di Gaza City e nella piazza Manara di Ramallah si prevede una grossa mobilitazione di ragazzi, ma anche i palestinesi in Israele e in diverse città europee e del mondo sono pronti a scendere nelle strade.

“Abbiamo bisogno di tutto il supporto internazionale possibile affinchè un evento importante come quello che desideriamo attuare per il bene di tutta la Palestina, non venga represso nella violenza dalla polizia della Striscia o in Cisgiordania “, riprende la parola e continua Mohammed Al Sheikh. “A differenza dei nostri fratelli tunisini ed egiziani, non vogliamo rompere il sistema, bensì ricomporlo. Poi potranno essere indette nuove elezioni, sarà possibile ricostruire l’OLP anche con la presenza di Hamas e allora arriveranno certamente migliori salari e migliori condizioni di vita, diminuirà la disoccupazione, e riotterremo quella libertà di espressione e quei diritti civili che adesso sono soffocati sia da Fatah che da Hamas.” Faccio presente a Mohammed il problema delle ingerenze esterne nelle scelte delle leadership palestinesi, e gli ultimi scandali dei cables pubblicati da Al Jazeera che evidenziano quanto sia stretto il collaborazionismo della dirigenza dell’Olp con Israele. “Se saremo cosi’ in gamba da muoverci come i ragazzi di Tahrir square ci hanno insegnato, chi ci governa non avrà scelta. Ed è questo il nostro intento, inchiodare Hamas e Fatah in un angolo, e in quell’angolo costringerli a dialogare, a lavorare per la gente e contro l’occupazione israeliana. Lo implorano anche i sei milioni di profughi fuori dalla Palestina”.

Chiedo loro cosa ricordano di quel sanguinoso 14 giugno 2007 quando a Gaza palestinesi contro palestinesi si scannarono senza pietà. I volti entusiasti si fanno cupi, nonostante tutti e tre i ragazzi hanno perso amici e parenti nel corso degli anni per mano dell’esercito israeliano, tutti e tre concordano nel dire che quella giornata di guerra civile è stata la pagina più drammatica della storia recente palestinese. “C’erano cecchini ovunque e raffiche di mitra per tutta la Striscia. Era impossibile distinguere chi stesse ammazzando chi. Da allora è certamente morto il nostro futuro”, spiega con angoscia Assad Saftawy.

Prima di offrire loro una shisha, chiedo come hanno presa l’iniziativa i genitori:

Mohammed Shamallakh: “Mio padre mi ha consigliato di desistere dall’idea. Devi sapere che soffro di una condizione particolare: a Ramallah sono convinti che io sia un militante di Hamas, qui a Gaza che appartengo a Fatah. Ma io non parteggio ne per l’uno ne per l’altro, così come l’iniziativa del 15 marzo non si fa strumentalizzare da nessuno. Chiediamo solo a gran voce la fine delle divisioni.”

Assad: “Mio padre lo sto convincendo, mentre i miei fratelli e le mie sorelle le ho già portate dalla mia parte.”

Mohammed Al Sheikh: “Mio padre è già dei nostri e mi ha promesso che parteciperà alla manifestazione. E non da solo, verrà anche mia madre. Il problema è che sospetto vogliano partecipare solo per difendermi!”

Mentre una coltre fumo si leva dagli arghile sulle nostre teste meditabonde, ho la quasi certezza matematica che i genitori di Mohammed non hanno torto.

Vittorio Arrigoni per Peacereporter

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Uomini e Donne

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http://youtu.be/3VJk5uiRD5Q

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LA SOLITUDINE E’ UNA TEMPESTA SILENZIOSA CHE SPEZZA TUTTI I NOSTRI RAMI MORTI; E TUTTAVIA SPINGE LE NOSTRE RADICI VIVENTI PIU’ NEL CUORE VIVENTE DELLA TERRA VIVENTE (Kahlil Gibran)”

ESAMI

Domani Ire ha lo scritto di matematica. Da settimane studia e mangia………….Pasta e dolci, preferibilmente!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ieri pomeriggio mi ha detto: “Mamma, lo so che devo darmi una regolata e che non faccio che mangiare troiai, ma visto che vai al super prendi la pizza per stasera?” Sono scoppiata a ridere insieme a lei! Mi piace Irene. E’ determinata e per certi versi sicura. Se ha un obbiettivo a cui tiene molto, si impegna con tutta se stessa per raggiungerlo. Però pretende molto da se stessa e allora le ho chiesto di promettermi di non fare una tragedia se questo primo esame all’università non dovesse andare bene.

Sono qui a farle da supporto, anche se non capisco nulla di matematica, ma non importa.

Ogni tanto viene da me, stacca per un pò, si accola sul divano a chiedere coccole, e io non mi faccio per nulla pregare  

SFUMATURE

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Il folle progetto sionista si realizzerá con la pulizia etnica locale e la ricostruzione del tempio sul Monte Moriah

noisuXeroi

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